Divulgazione a cura de |
La Pancera in Movimento A.C.L.A.B. |
(Anonima Cazzeggio, Lazzi, Affini & Basta) |
Scena: La sala del trono.
Le porte sono spalancate per dare accesso al popolo. Entra il Gran Cerimoniere.
GRAN CERIMONIERE: O popol bruto, su, snuda il banano, Non vedi che giunge lamato Sovrano? È il sir di Corinto dal nobile augello Qual mai fu visto più duro e più bello. Il sir di Corinto dallagile pene Terrore e ruina del fragile imene; Il sir di Corinto dal cazzo peloso Del cul rubicondo ognora goloso. (Entra il RE seguito dalla corte) |
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POPOLO: Noi siam felici, noi siam contenti (*) Le chiappe del culo porgiam riverenti; Al nostro gentile ed amato sovrano Sia dono gradito il buco dellano. |
(*) Già nei tempi antichi la bassa plebe era prona ai voleri dei reggitori: anche se lo si pigliava in culo, pur di ingraziarsi i potenti. Daltra parte perfino gli Apostoli incitavano, se pure con parabole, a porgere laltra chiappa. E ancora oggi il popolo nelle pubbliche processioni canta, pur con non perfetta ortodossia, il "Mistero glorioso di S. Polluce - che col cazzo fatto a Duce - inculava i popoli". |
RE: La gioia che mi dono, o popolo, è sì grande, Che più luccello regio non sta nelle mutande. Per mio regal decreto sarà da stamattina Distribuita ai poveri gratis la vasellina. Voglio sian compensati i sudditi fedeli, In cul pigliate pure, ma state attenti ai peli. (Segni di manifesta gioia) |
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GRAN CERIMONIERE: Ed ora tutti fuori da coglioni Per lasciar posto a principi e baroni. (Il popolo si fa largo ed entrano i nobili che si dispongono ai lati del trono. Entra Ifigonia seguita dalle vergini.) |
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CORO DELLE VERGINI: Noi siam le Vergini dai candidi manti, (*) Siam rotte di dietro ma sane davanti, I nostri ditini son tutti escoriati A furia dei cazzi che abbiamo menati, Nellarte sovrana di fare i pompini Battiamo le troie di tutti i casini. La lingua sapiente e lagile mano Dan gioia e sollievo al duro banano. |
(*) Non desti meraviglia il fatto che le vergini non sono digiune dei fatti della vita. Si ricordi il detto cinese: "Non tutte le donne sono puttane. Ci sono anche le troie". |
IFIGONIA: (Gettandosi ai piedi del trono) Padre mio, padre mio, sono presa da disìo, (*) Ho già il dito che fa male per labuso del ditale, Ho la fica che mi tira come corda della lira, Sto soffrendo atroci pene pel prurito dellimene, Nella fica mi son messa la manopola del cesso, Mi ficcai nella vagina la più grossa colubrina, Mi son messa dentro il buso sino il cero di Caruso, (**) Padre mio si forte e bello ho bisogno di un uccello Di un uccel di nobil schiatta che mi sballi la ciabatta Di una fava grossa e dura che mi sballi la natura. Padre mio se non mi sposo finirò nel water closo. |
(*) Non vha chi a questo punto non si sovvenga dei "Canti
lussuriosi" che il Lipparini pubblicava nel 1909 nella rivista "Poesia"
diretta da Enrico Filippo Tommaso Marinetti, là dove si legge: "Mai la lussuria più rabida morsemi, mai;" "Ercole stesso io avrei fiaccato, ruinato, distrutto ..." "Sentìa nel ventre profondo il viscere occulto vibrare." (**) Si narra di un tal Caruso che, per essere castrato, usava di un immacolato cero sulle sue amanti. |
RE Giuste son le tue brame, o figlia bene amata, Se non ti fossi padre ti avrei di già chiavata; Alla regal consorte, tua madre, la regina, Ne ho fatte diciassette soltanto stamattina. (*) |
(*) "O gran bontà de cavalieri antiqui" commenterebbe qui lAriosto ("Orlando Furioso" I, 42) |
REGINA Se mi alzo le vesti e vedi al di sotto Vedrai mio consorte che arrivi a diciotto. |
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RE E debbo alle mie brame io stesso porre un freno, Se no ogni tre minuti il bandolo mi meno. Or sento già un prurito nel fondo dei coglioni Vedendo tanti culi di principi e baroni. |
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POPOLO Noi siam felici, noi siam contenti, Si rizzino i cazzi tuttora pendenti, Madonna Ifigonia, soave e pudica, Già sente prurito allinclita fica; Che Giove possente, che Venere bella Le facciano dono di tanta cappella, Che il culo le rompa, le rompa limene, E infine la tolga da tutte le pene. Sia pago il disìo alla vergine cara Meniamoci il cazzo in nobile gara. (Tutti eseguono) |
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IFIGONIA Quanta fava, quanta fava, Ma perché nessun mi chiava? Su, ficcatemi luccello Nella fica o nel budello; Nella fica o nel sedere Ve lo chiedo per piacere. Deh, non fatemi soffrire, Ve lo cedo per tre lire. |
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RE Udendo questa ataviche, oneste aspirazioni Dorgoglio mi ribolle lo sperma nei coglioni: Con lanimo commosso vedo tra i bianchi veli Spuntar lunghe e nere le punte dei tuoi peli. Il sacerdote venga, si appresti un sacrificio, Enter OClisma tosto ne tragga lieto auspicio. |
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GRAN CERIMONIERE Savanzi Enter OClisma il sacerdote, Dal culo più vezzoso delle gote. (Entra il sacerdote) |
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GRAN SACERDOTE Al Sire di Corinto, signore degli Achei, Auguro cazzi in culo, non men di centosei. RE GRAN SACERDOTE |
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POPOLO Noi siam felici, noi siam contenti, Prendiamo luccello ben stretto tra i denti, al Gran Sacerdote quel cazzo dacciaio Il culo riduca siccome mortaio. GRAN SACERDOTE |
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RE Alla mia figlia amata, la pallida Ifigonia, Da qualche tempo prude la lucida begonia.(*) O sacerdote eccelso, chiuditi in sacrestia, Prendi luccello in mano e fanne profezia. |
(*) "Begonia" qui sta certo per fica. La novità e larditezza dellimmagine non causeranno meraviglia in chi sia uso a considerare quale e quanta varietà di termini e di metafore abbia creato la fertile mente delluomo ad esprimere ciò che più vivamente colpisce la sua immaginazione. Che più? Dovrebbesi forse risalire al termine "sycon" che in greco significa fico e "gynaikeyon aidoion" (Aristofane), ossia "vergogna femminile"? È forse necessario rammentare allerudizione de nostri dotti lettori il termine latino "cunnus", di cui trovasi traccia nel francese "con"? Non starò qui a ricordare quanta e quale varietà di vocaboli ci propone il nostro bell idioma italiano, dal toscano "potta" (da cui anche "pottana") al termine corrente "fica", corrottosi poi in "figa" presso i recenziori. Non ricorderò infine qui le felici immagini de nostri scrittori, quale "natura" (A. Pigafetta, "Relazione del viaggio di Magellano"), o "Quel vaso donde si fanno i figli" (Cellini, "Vita"), o financo "Inferno" (Boccaccio, "Decamerone", III, 10). |
GRAN SACERDOTE Immantinente eseguo i tuoi voleri o re; Nel regal culo tauguro cazzi novantatre. E subito profitto, avendolo sì duro, Di far come nel rito il debito scongiuro. (Singinocchia e litaniando) Salam lech, salam lech Nel futuro ho messo il bec Non cè bene, non cè male, Non cè membro senza bale, Non cè donna senza fica, Non cè uom che non berlica; Non cè serva che non spari Delle seghe ai militari, Non cè balia che al pompiere Non la faccia almen vedere, Comè larga, comè fatta Finché questi non la spacca, Non cè al mondo una ragazza Che al sognar non vada pazza Per un cazzo fuor misura Che le sballi la natura, Ed il sogno non concluda Che la fica non le suda; Non cè in terra giovanotto Che non dica daver rotto Con luccell fuori ordinanza Per lo meno qualche panza Mentre invece ha un pistolino Assai corto e mingherlino Che dun subito saffloscia Se lo metti sulla coscia; Non cè donna senza veli Non cè cazzo senza peli, Mentre invece più mi garba Se la fica è senza barba, Invitante e un poco pingua Da ficcarvici la lingua; Senza sol non cè mattino, Senza amor non cè pompino, Non cè tram senza tramviere Non cè cul senza sedere; Non cè al mondo giovinetta Che una volta almen non metta Dentro al culo per benino Piano piano il suo ditino; Non cè uccel che non si rizzi E non faccia degli schizzi; Non cè donna savia e folle Che al vederlo così molle Non si chieda a tutto spiano Come mai farà il banano A mutar di dimensioni Se lo tocchi sui coglioni; Tutto questo di sicuro Parte fa dello scongiuro, Ma perché venga benone Poso il dito sul coglione E se poi siete contenti Vo a finir gli esperimenti. |
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RE Adunque esulta figlia mia diletta Per la gioia che ti spetta; Per soddisfar le tue brame Avrai tosto un pezzo di salame. |
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REGINA Intanto per tenerti in esercizio Sarà bene che tallarghi lorifizio; Ti sceglierò io stessa per le prove Di sponda un letto di sessantanove, È quanto di meglio esita qui in Corinto In frutti di banano a tipo spinto. (*) |
(*) In effetti: "Cunnus fodi potest aut lingua, aut clitoride, aut quacumque re virili veretro simili" (Friedrich Karl Ferberg, "De figuris Veneris", ed. it. Catania, 1928, pag. 9) |
IFIGONIA Santo Dio, Santo Dio, Questa volta lavrò anch`io, Sospirando quel bel lino Voglio farmi un ditalino, Ve lo chiedo con permesso, Vo a tirarmelo nel cesso. (Sta per avviarsi) |
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RE (Trattenendola) Rimani, o sconsigliata, il padre tuo diletto Innanzi al popol tutto ti gratterà il grilletto, Mentre il Cerimoniere, memore del mio pegno, Minculerà di dietro col suo cazzo di legno. Se con le bianche mani mi tieni su i coglioni Vedrai nella mezzora quaranta polluzioni. POPOLO Noi siam felici, noi siam contenti, GRAN SACERDOTE RE GRAN SACERDOTE IFIGONIA POPOLO GRAN SACERDOTE (Tutti eseguono. Solo Ifigonia, troppo felice, non bada allavvertimento del
destino e dal resto non ha alcun paio, ahimè, di coglioni a portata di mano) |
(La stessa sala. Sono presenti i principi pretendenti di Ifigonia col
loro seguito.)
ALLAH BEN DUR Ho riempito un orinale col sudore delle bale! DON PEDER ASTA UCCELLONE KIRO HITO |
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ALLAH BEN DUR Ho creato un nuovo lago col prodotto del mio mago! (*) |
(*) Per "mago" devesi senza dubbio veruno intendere quel che oggi, con altra non meno ardita metafora, il volgo chiama "uccello". E non a caso la saggezza degli antichi attribuiva alcunché di magico, quasi un divino afflato, alla parte più preziosa del corpo umano. |
RE A voi che della terra siete i migliori coglioni, Rivolgo il mio saluto, cari principi e baroni; Sarete già al corrente di quel che ho decretato Con il provvedimento che ho steso e poi firmato; Ad ogni modo ci tengo a farvi noto Che quello che più conta è solo aver lo scroto, Potente, blasonato, di nessun male affetto Noto per le chiavate in piedi oppur sul letto. Ma ad ogni modo mettetevi a sedere Ve ne darà lettura il Gran Cerimoniere. GRAN CERIMONIERE GRAN SACERDOTE |
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ALLAH BEN DUR Io sono Allah Ben Dur dal poderoso uccello (*) E vengo dall'Arabia a dorso di cammello; Il viaggio fu assai lungo e tutto senza tappe Sicchè dal gran sudore mi bruciano le chiappe. Raggiunta alfin la meta di sì tramendo viaggio Ho piedi, culo e fava che puizzan di formaggio; Sul dorso del cammello so far mille esercizi, Infransi più di un culo all'ombra dei palmizi. I miei coglion lucenti, senza badare al puzzo, Sembrano per volume le uova di uno struzzo; Son bruno, ardito e forte, devoto musulmano, Son dell'Arabia intera certo il miglior banano. Ai vostri pie' depongo il mio ferrato uccello, Col l'aiuto d'Allah sciorrò l'indovinello. |
(*) Non è senza fondamento l'illazione di chi, sulla scorta di quanto acutamente scriveva il Wilamowitz-Moellndorf ("Untersuchungen uber dem Ur-Ifigonialied"; Leipzig, 1888, vol. IV, pp. 438-696) crede di riconoscere in questo arabo puzzolente, inculatore de' suoi correligionari non meno che degli infedeli, urlone e millantatore, il protagonista di antiche saghe popolari egizie, che narravano le gesta e la fine ingloriosa dello sceicco Ali Kàzzan-el-Nasser, il quale nel sesto secolo dell' era volgare insignoritosi di alcuna parte dei deserti arabici, di là proclamava a gran voce voler dominare mezzo mondo. |
IFIGONIA Avvenne un dì che un nobile prelato Lo mise tutto in culo a un capriolo, Un figlio dal connubbio essendo nato, Si domanda: com'era un tal figliolo? |
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ALLAH BEN DUR (Dà segni di incertezza) GRAN SACERDOTE |
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ALLAH BEN DUR (Sempre più confuso) Veramente ... quel prelato ... Dentro il cul del capriolo ... Non so dire ... avrà pigliato Per lo meno un po' di scolo ... (*) |
(*) Forse l'arabo intendeva suffragare la nota affermazione attribuita ad Hemingway: "Uno non è un uomo se non ha preso lo scolo almeno cinque volte". |
POPOLO (Furente, facendo gli scongiuri) Noi siamo infelici, noi siamo scontenti Ti secchino il cazzo i nostri accidenti, Gli uccelli si affloscino in segno di duolo Quel brutto vigliacco ci parla di scolo! (Il principe è trascinato via a viva forza) GRAN SACERDOTE DON PEDER ASTA IFIGONIA DON PEDER ASTA IFIGONIA |
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POPOLO (Incazzatissimo) Lo sanno le troie, lo sanno i lenoni, (*) I cazzi lo sanno, lo sanno i coglioni: Nel dì di Giunone, con mossa pudica, Madonna Ifigonia lavossi la fica; Coi suoi venti chili di augusto formaggio Fu fatta una palla di un metro di raggio. (**) Al prence sia data la pena infamante Di prenderlo in culo dal sacro elefante. |
(*) Ben giusta è l'indignazione del coro. Analogamente nello Shakespeare: "Il
cielo tura il naso e abbassa le palpebre la luna; il vento ruffiano si rifiuta di
ascoltare." Significativa è l'unità di ispirazione dei due drammaturghi, dato che
con estrema probabilità non si conobbero neppure di vista. (**) Risulta da questi dati che la fica della Principessa aveva una cilindrata di 4190 litri, come si deduce dall'antico adagio: "Il volume della sfera qual'è? Quattroterzipigrecoerretre!". Inoltre il peso specifico dell'augusto formaggio si può valutare in 0,0478 Kg. al litro. |
RE Voglio siano esauditi del popolo i voleri: Venga Bel Pistolino coi suoi cento staffieri; Quanata archibugieri intanto, piano piano, L'aiutino un pochino col palmo della mano, E nel caso imprevisto che non gli venga duro, Lo sfreghino senz'altro un poco contro il muro. (S'avanza Bel Pistolino dando segni evidenti di giubilo) POPOLO GRAN SACERDOTE UCCELLONE |
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IFIGONIA Sai tu dirmi il mistero della sfinge la quale prima caca e poi spinge? (*) |
(*) Questo enigma ricalca l'indovinello reperito dal Galavotti nel papiro di Berlino 7122, rinvenuto nella tomba del faraone Nabuccu-Durru-Ulsur. |
UCCELLONE Mi colma, oh Ifigonia, la tua parola oscura I corpi cavernosi di gelida paura! Gia' sento roteare, con ratto alterno moto, I possenti testicoli entro il peloso scroto; Ho nel profondo cuore una puntura sorda Quasi che una dozzina di piattole mi morda. Oh nobile fanciulla, alle parole altere Sento che si rilascia persino lo sfintere. |
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RE E brami, o tracontante, la mano di mia figlia? Col culo pieno d'aglio farai la Mille Miglia! (*) |
(*) Il riferimento alla "Mille Miglia" e, più oltre, a quello dell'Alfa Romeo, pongono un limite "post quem" alla datazione dell'opera. |
GRAN SACERDOTE Sia subito eseguito il sovrano volere Si porti senza indugio, d'aglio un gran paniere. (Uccellone di Belmanico scoppia in una fragorosa risata) RE UCCELLONE IFIGONIA RE KIRO HITO IFIGONIA |
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KIRO HITO A simile domanda quando risposta sola: Avea quell'eremita il retto nella gola! La storia gia ci narra del Principe Gargiulo, (*) Il quale nella faccia rassomigliava a un culo,. Ne son piu' che sicuro e dirlo posso lieto: Dell'eremita il rutto puzzava piu' di un peto! (Il Gran Cerimoniere apre una pergamena e da' segni di approvazione) |
(*) Chi sia quel Gargiulo non è dato a sapere. Il nome parrebbe una litinizzazione del nome germanico Georg, la cui radice, per gradazione vocalica, assume le forme "gorg" e "garg". Dal verso seguente alcuni esegeti hanno potuto trarre le prove che il personaggio in questione fosse un prete. |
RE Un uomo siffatto che ha tanto cervello Ragiona certamente con l'uccello. Eccoti dunque figlia bene amata, La fava ritta, tanto sospirata! Sii degna dell'uccello conquistato, Mai obliando i lustri del passato. Ricorda Bertolina, tua germana, Ch'arrossiva sbucciando una banana, Ma che un di', presa da furor demente, Cacciossi nella fica un ferro ardente Perche' al Baron Carlo dei Baroni Furon tagliati il cazzo ed i coglioni; Mentre la Filiberta illustre e saggia Il culo s'incendio' con l'acqua raggia: Aveva scelto la morte al nero duolo Di curarsi lo scol col protargolo; E la nobil Figonia, tua bisava, (*) Sempre invitta nel gioco della fava, Mori' vetusta d'anni in un bordello, Col cuore trapassato da un uccello. (**) |
(*) Di lei direbbe Shakespeare: "Aveva tralignato e s'era fatta
baldracca" (Otello, V, 2). (**) Tornano qui alla memoria i versi commossi di Dino Campana ("Notturno teppista"in "Canti orfici"): "Amo le vecchie troie / gonfie lievitate di sperma / che cadono come rospi a quattro zampe / sovra la coltrice rossa." |
IFIGONIA Il sorriso della fica la mia gioia alfin ti dica, Son felice e son beata perche' al fin saro' chiavata. Ma vi giuro sugli Dei di pensar ancor ai miei; Al re, come alla regina che mi lecca la mattina: Alui dono un sospensorio come stemma provvisorio, Ed a lei l'originale di un bel cazzo artificiale. |
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POPOLO Noi siam felici, noi siam contenti, Si rizzin di gioia i cazzi frementi; L'uccello del prence di gioia ci inonda Mettiamoci tosto il culo di sponda. |
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VERGINI Noi siamo le vergini dai candidi manti, S'intreccin le danze, s'innalzino i canti: Lasciamo le seghe, lasciamo i pompini, Mettiamo da parte i bei ditalini! E' giorno di festa: l'azzurra pervinca Mettiamo all'occhiello del muso di tinca! GRAN CERIMONIERE |
(SCENA: La camera nuziale. A destra una porta che da
nellappartamento del re; in fondo a sinistra, si nota un elegante water-closed con
catena pendente.)
IFIGONIA Mio Kiro Hito, prence samurai il tempo passa e non mi chiavi mai! KIRO HITO |
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IFIGONIA Fammi vedere le palle di solido granito, (*) fammi toccare luccello almeno con un dito! Dimmi cosa brami mio nobile signore: ti bacio le palline o vuoi fare allamore? |
(*) Questa invocazione appassionata, piena di pathos, dal ritmo quasi liturgico e sacrale, risuona commovente sulle labbra della fanciulla già sovrastata da un atroce destino. La tragedia incalza. |
KIRO HITO Ce una cosa che ancora non ti ho detto, un terribile segreto che brucia nel mio petto! IFIGONIA |
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KIRO HITO Un giorno, or son quattranni, soffrendo per un callo, stavo prendendo un bagno nel grande Fiume Giallo e, come e sempre in uso tra i nobili signori, stavo rompendo il culo a paggi e valvassori. (*) Quandecco di li passa un bonzo di Visnu (allor mio caro amico, ci davam del tu) il quale mi propose con sordido cinismo, di fare nel suo culo, un giro di turismo. Di meglio non bramavo, e come ardente toro, soffiando a testa bassa mi butto dentro il foro. Ma quel vigliacco avea, nel nero tafanario lungo, rapace e impavido, un verme solitario, che, mentre mi godevo il morbido budello, pian piano mi sbafava, la fava delluccello. Eccoti ormai svelato alfin tutto larcano: il bruno Kiro Hito e privo di banano, ed ora, mia diletta, quando voglio godere, non ho altra risorsa che il buso del sedere. |
(*) Ritorna il tema morale già proposto all'inizio del primo atto: è eterno destino dei sottoposti prenderlo nel culo dal capo che li comanda. |
IFIGONIA Ignobile fellone, infame traditore! La misera Ifigonia piombi nel disonore! Fui vittima innocente di un infame tranello: potea mangiarti, il verme, il cuore, non luccello! Mi sento soffocare dal duolo che mi stringe, per poco non mi scoppia di rabbia una salpinge KIRO HITO IFIGONIA |
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KIRO HITO Frena i tuoi detti, o Ifigonia, basta! Abbi rispetto almeno per larte pederasta. Tu non lo sai la gioia che ascende lintestino: (*) questo lo dice un vecchio ed esperto culattino!. |
(*) Diversamente il Divin Poeta: "Questo moto di retro par che uccida" (Inf., Xi, 55) |
RE (entrando con una scatoletta in mano) Ho sentito rumore dalla stanza vicina; forse state cercando un po di vasellina? (*) |
(*) Quanta dolcezza, quanto amore paterno, quanta comprensione in questo vecchio padre sollecito di risparmiare inutili dolori ai giovani sposi! E quale crudele delusione lo aspetta! |
IFIGONIA Anche la vaselina, duro scherno! O padre maledetto, va allinferno! (gettandosi sui coglioni paterni) Ecco ti mangio il destro ed ancora insisto: ed ora sta sicuro, neppure Cristo se pieta si prendesse del tuo guaio ridar te ne potrebbe un altro paio. Castrato sei, e se vorrai godere, godrai tu pure usando il tuo sedere! RE GRAN CERIMONIERE (entrano i cortigiani e le cortigiane in costume adamitico) |
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RE Addio mio prode cazzo, piega da questa sera, la rossa, audace testa un giorno tanto fiera! Finirono le giostre e le dolci tentazioni: non val robusta fava se priva di coglioni. Addio vergini belle, che lasciaste limene sopra la forte punta del mio robusto pene! Addio, culi rosati di donne e di bambini, addio, lingue sapienti, maestre di pompini! Da oggi negletto tu starai nelle mutande, ne attingero dalle stelle, il potente glande! meglio sarebbe stato perder pur anche il cazzo, ma perderlo da prode nel gioco del rampazzo! Perir tu ben dovevi, ma in singolar tenzone (*) invece, ahime, peristi da povero coglione! (**) |
Nothos uersis II addit cod M.; incerto sensu, pro versibus (*) (**) "Potevo sì morire, ma in nobile tenzone, - Invece di morire da povero coglione." |
GRAN CERIMONIERE (rivolgendosi ad Ifigonia) Io ti punisco col tormento duro desser legata colla faccia al muro: passera tutto il popolo, e, con lano, farai da monumento vespasiano. IFIGONIA Attraversa la scena di corsa e si getta dentro il water-closed; Kiro Hito impassibile tira lacqua; il popolo si inginocchia e piange. (cala definitivamente la tela) FINE |